Risale allo scorso autunno l’ultima denuncia fatta alla stampa locale dalla sezione di Tropea del Fronte Comunista – Calabria circa le origini dell’inesorabile svuotamento del nosocomio cittadino. Queste origini sono simili a quelle dello smantellamento di tutti gli altri ospedali del meridione (se non del Paese) e sono state fatte risalire, nel nostro precedente articolo, al contraddittorio e incostituzionale meccanismo del piano di rientro sanitario regionale – che costringe ogni anno a limitare i servizi offerti alla popolazione – e allo spreco di risorse coincidente con la delega al privato di moltissimi servizi sanitari che dovrebbero essere offerti dal settore pubblico. Alla luce delle ultime vicende relative al funzionamento dell’ospedale di Tropea si vuole, oggi, rendere patrimonio comune la testimonianza di diversi professionisti e lavoratori interni alla stessa struttura, i quali saranno presentati con nomi di fantasia per ovvie ragioni. Tali vicende sono la notizia, diffusa qualche settimana fa dai media locali, dell’impossibilità (poi affrontata con soluzioni provvisorie) di praticare il servizio chemioterapico a causa dell’assenza dell’unico anestesista presente a Tropea e la pubblicazione, il 24 gennaio scorso, della nuova delibera del commissario straordinario dell’ASP di Vibo Valentia circa l’assetto e la gestione dell’azienda sanitaria di questa provincia. Dalle parole degli addetti ai lavori, di coloro che, a dispetto di tagli al personale e alle risorse, mantengono operative le prestazioni ancora presenti sul nostro territorio, si evince la conferma del carattere classista e “burocratista” dei problemi che attanagliano la sanità locale, con una dispersione delle (poche) forze presenti verso l’interesse privato e la pubblicazione di delibere migliorative dell’esistente che, per i motivi legati all’impossibilità di implementarle davvero, si riducono ad un atto di mero atto auto-assolutorio da parte di chi le ha pubblicate.
Cominciamo con quello che è stato lo stop provvisorio alla chemioterapia all’ospedale di Tropea, per via dell’assenza dell’unico anestesista in loco, che molto scalpore ha (giustamente) suscitato.
Come riferisce Francesco (nome di fantasia), «la vicenda, intanto, deriva dal fatto che l’anestesista assegnato all’ospedale di Tropea aveva contratto il Covid. Il fatto è che le dirigenze non erano state capaci di sopperire alla mancanza perché l’Asp di Vibo Valentia conta soltanto 3 anestesisti nel presidio di Vibo e 1 in quello di Tropea. Infatti, di anestesisti non se ne trovano: il commissario Giuseppe Giuliano ha dovuto istituire una convenzione con una società di Catanzaro per farli venire da lì nella nostra ASP e sarà costretto a pagarli “a gettone”, alla cifra inaudita di 150 euro all’ora. Il problema è comune ai radiologi e ai chirurghi: essi scappano dal Sistema Sanitario Nazionale allettati dalle cliniche private che offrono retribuzioni spropositate e che, prive dei reparti di emergenza (fondamentali per un sistema sanitario), possono pianificare alla perfezione gli interventi e i profitti da produrre in un certo periodo di tempo, e senza rischi. Così i professionisti sono nella posizione di “ricattare” il settore pubblico mandando deserti i concorsi ordinari e facendosi assumere tramite le cooperative private. Il privato è riuscito ad avere tutto senza rinunciare a nulla: assicurarsi i lavoratori più specializzati, migliaia di interventi chirurgici lucrosi per garantirsi i profitti e scaricare sul settore pubblico le emergenze, che vanno a colpire proprio l’equilibrio economico del sistema pubblico e la sicurezza dei professionisti. Tutto questo, va detto, fa sì che l’attività chirurgica a Tropea sia completamente bloccata, sia per l’assenza di sufficienti anestesisti sia per il fatto che a mancare sono i reparti stessi per praticarla. Ma avete mai visto un ospedale senza attività chirurgica?».
Queste parole sono coerenti con ciò che nel novembre scorso ha denunciato il presidente dell’Anac Giuseppe Busia, il quale ha deciso di intervenire presso il Ministero della Sanità e presso il Mef al fine di sollecitare un decreto ministeriale che faccia chiarezza sulla questione dei “gettonisti”, e dia dei criteri di congruità dei prezzi.
Tra le ultime emergenze relative a Tropea infermieri e medici dell’ospedale ricordano anche la questione della radiologia e della guardia medica. Come dichiara Mario (nome di fantasia), «in radiologia a Tropea esistono i macchinari ma non i medici, così un paziente è costretto ad aspettare molto tempo per il referto, che deve essere fatto a Vibo Valentia o in un altro ospedale». È questa l’ultima mancanza, in ordine di tempo, che i pazienti della cittadina hanno riscontrato. «Per l’utenza esterna sono sospese le attività radiologiche, le urgenze di pronto soccorso sono le uniche attività ancora in essere. Per ottenere delle visite specialistiche l’utenza non sa dove andare a sbattere. Ti dicono tutti che è tutto pieno e devi passare prima dal privato a pagare» Questa situazione si protrae dall’autunno scorso.
È ancora il personale sanitario che punta il dito contro la carenza dei medici di guardia per cui in molte Guardie Mediche, soprattutto nei periodi più delicati come quelli estivi, presentano dei vuoti nei turni. Si parla di Nicotera, di Ricadi o di Tropea. «Nessun sindaco si è mai lamentato del fatto che il proprio comune la sera fosse senza medico, la situazione sembra essere passata misconosciuta ai più. La situazione nell’ultimo anno si è esacerbata: i giovani giustamente vanno via, molti fanno qualche turno quando scendono ma poi ritornano nelle sedi universitarie e non ci sono più. Nessuno dice niente, come nessuno dice che molte ambulanze, ormai, sono demedicalizzate».
La situazione di carenza, in effetti, interessa soprattutto la centrale operativa del 118: «Per coprire un Punto di Emergenza Territoriale 24 ore al giorno a Tropea dovresti avere 6 medici che ruotano. Con 5 medici riesci a coprire i turni tranne quando qualcuno va in ferie o è ammalato, con 4 non riesci a coprire i turni se gli altri non fanno turni in eccedenza. Noi siamo 3. E la situazione è simile nei Pronto Soccorso, basta vedere che a Vibo Valentia c’è un solo medico la notte».
È così che lo stato dei fatti si collega al nuovo atto aziendale e ne spiega la non credibilità e la poca fiducia che i lavoratori della sanità hanno in esso, non solo perché questo atto stato è stato contestato dai diversi sindacati poiché presentato dall’azienda senza prima consultare le parti sindacali ma, anche, perché esso riflette quasi fedelmente le direttive del noto Dca del 2016, che garantiva anch’esso a Tropea diversi reparti come ortopedia, chirurgia e rianimazione. Un Dca mai implementato e mai preso in considerazione dalle dirigenze. «Sappiamo bene che i vincoli posti dal piano di rientro e le difficoltà esperite nell’assumere i professionisti in competizione col privato renderanno queste direttive semplicemente una dimostrazione di buone intenzioni», sostengono i dipendenti a lavoro nel Presidio Ospedaliero. Sta di fatto che, a pagina 57 del nuovo atto (n. 111 del 24/1/2023), si può leggere alla lettera che al presidio tropeano vengono assegnate «funzioni di Ospedale Generale, con un Pronto soccorso con interventi diagnostico-terapeutici di stabilizzazione e cura del paziente, di ricovero o di trasferimento urgente al Centro SPOKE o HUB». E che «nell’ambito del Presidio Ospedaliero di Tropea verrà realizzato un dipartimento funzionale interaziendale ad indirizzo oncologico attraverso tutti i servizi accessori per garantire la continuità assistenziale». All’interno del presidio, continua il documento, si assicura la presenza dei servizi di anestesia (che oggi non c’è), chirurgia generale (anche questo assente oggi), medicina generale (l’unico che oggi esiste) e ortopedia (che oggi è praticamente inesistente). Infine, si garantiscono i servizi h24 di radiologia e laboratorio (servizi che oggi sono espletati per sole 12 ore al giorno). Inoltre, come afferma in maniera condivisibile anche il Comitato Pro Ospedale di Tropea, il documento prevede pure l’attivazione dell’Hospice per la terapia del dolore nella struttura e l’attivazione di un “ospedale di comunità”, servizi abbastanza incongruenti con una struttura ospedaliera per acuti.
«Se da una parte si tratta di una delibera che lascia il tempo che trova» – conclude l’operatore sanitario Francesco – «dall’altra lancio un appello alla popolazione di Tropea e dintorni, in particolare a chi non può permettersi i costi di un ricovero in una clinica privata: è l’ora di fare rete e imporre nell’agenda politica l’applicazione di queste misure minime previste (anche se molto lontane dalle vere potenzialità del nosocomio) e, al momento dello scontro con l’inevitabile rifiuto, mettere le istituzioni di fronte alla contraddizione di una delibera che assegna servizi i quali, senza abolizione del piano di rientro e lotta contro gli interessi della medicina privata, non potranno mai essere veramente applicati».