Sequestrati 4 depuratori dislocati in varie località della Calabria ed è stato effettuato l’accesso presso 24 comuni ricadenti nelle 5 province calabresi, da cui sono emersi diversi casi di frode ai danni della pubblica amministrazione con il concorso di funzionari pubblici.
Sono in tutto 34 i depuratori a servizio di 40 comuni ubicati nelle 5 province calabresi , 18 misure cautelari, gravemente indiziate dei reati di associazione per delinquere, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, inquinamento ambientale e frode nelle pubbliche forniture.
Le acque non depurate finivano in mare o sul terreno, con buona pace per i pericoli corsi dai bagnanti, da flora e da fauna marine e dalle falde acquifere.
L’indagine della Dda di Catanzaro e dei Carabinieri, denominata Scirocco, ha portato all’esecuzione, nella mattinata di ieri 4 marzo, un’ordinanza di custodia cautelare personale e reale emessa dal GIP presso il Tribunale di Catanzaro, su richiesta di questa Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 18 persone (4 in custodia cautelare in carcere, 13 in custodia cautelare domiciliare ed 1 con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) gravemente indiziate a vario titolo dei reati di associazione per delinquere, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, inquinamento ambientale e frode nelle pubbliche forniture. Tra i reati contestati vi è un tentativo di estorsione aggravato dalla modalità mafiosa nei confronti di un dipendente di una società, il quale avrebbe subito una minaccia da parte di esponenti della consorteria di ‘ndrangheta locale, su commissione del proprio datore di lavoro, al fine di farlo desistere dall’intraprendere iniziative sindacali finalizzate all’ottenimento di spettanze stipendiali dovutegli. Nei confronti di altri 12 soggetti, di cui 4 funzionari di enti locali, sono state emesse informazioni di garanzia. Il provvedimento prevede, inoltre, il sequestro preventivo delle quote e del compendio aziendale di 6 società con sede nella Provincia di Catanzaro da affidare ad amministratori giudiziari nominati dall’A.G. Il valore complessivo delle aziende ammonta ad oltre 10 milioni di euro. La Direzione Distrettuale Antimafia ha altresì ipotizzato la responsabilità amministrativa prevista dal D.Lgs. 231/2001.
Tutto nasce da una comunicazione di notizia di reato emanata dall’Arpacal di Catanzaro in seguito a un accertamento, ad agosto 2020, all’impianto di depurazione di Soverato/Montepaone.
Una inchiesta che si stenderà fino a toccare i depuratori di Caraffa di Catanzaro, l’impianto di depurazione comunale di Amato, l’impianto di San Pietro Apostolo, l’impianto di depurazione comunale di San Vito sullo Ionio, località “Fosso Picca”, l’impianto di depurazione comunale di Soveria Mannelli, gli impianti di depurazione comunale di Tiriolo, l’impianto di Belvedere Marittimo, l’impianto di Falconara Albanese, l’impianto di depurazione consortile al servizio dei Comuni di Montepaone, Montauro, Gasperina, Petrizzi e Soverato superiore, gli impianti di depurazione di Agnana Calabra, gli impianti di depurazione di Bruzzano Zeffirio, gli impianti di depurazione di Careri, Natile Nuovo e Natile Vecchio, gli impianti di Melito Porto Salvo, l’impianto di depurazione consortile a servizio dei Comuni di Montepaone, Montauro, Gasperina, Petrizzi e Soverato Superiore, l’impianto di Amaroni.
La complessa attività di indagine, convenzionalmente denominata “Scirocco”, ipotizza l’esistenza di un’organizzazione tesa all’ottenimento di più commesse e alla esecuzione degli appalti in frode ai contratti e alla commissione di reati ambientali derivanti dalla gestione di 34 depuratori a servizio di 40 comuni ubicati nelle 5 province calabresi.
In particolare, si ipotizza che i responsabili delle società ottenessero illeciti profitti attraverso:
- l’abbattimento dei costi di gestione degli impianti di depurazione, determinato principalmente dal parziale trattamento dei fanghi prodotti dalla lavorazione delle acque reflue, nonché dalle mancate manutenzioni previste dai capitolati d’appalto;
- la redazione di falsi Formulari di Identificazione Rifiuti nei quali si attestava il fittizio conferimento di rifiuti presso un impianto di depurazione con sede in un comune della provincia di Catanzaro;
- lo smaltimento illecito di ingenti quantitativi di rifiuti (fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane, rifiuti prodotti dalla pulizia delle acque di scarico, fanghi delle fosse settiche), per più di 2.000 tonnellate, nell’arco di circa un anno che venivano conferiti presso il citato impianto di depurazione fanghi, per una asserita attività di trattamento, in realtà mai eseguita;
- la richiesta ad alcuni dei Comuni, con successiva liquidazione, degli oneri per le operazioni di manutenzione degli impianti di depurazione, prestazioni che invece avrebbero dovuto essere a carico della società.
Tali condotte illecite, secondo gli indizi raccolti, hanno inoltre avuto come conseguenza il malfunzionamento di numerosi impianti di depurazione comunali che in 10 casi hanno comportato l’illecito sversamento dei liquami non trattati sia nei terreni circostanti che direttamente in mare, con evidente compromissione delle matrici ambientali.
Nel corso delle indagini sono stati sequestrati 4 depuratori dislocati in varie località della Calabria ed è stato effettuato l’accesso presso 24 comuni ricadenti nelle 5 province calabresi, da cui sono emersi diversi casi di frode ai danni della pubblica amministrazione con il concorso di funzionari pubblici.
Determinanti sono stati, a riscontro dell’attività investigativa, le attività tecniche di monitoraggio dei siti grazie ai quali è stato ricostruito l’illecito modus operandi. Un dato importante è emerso altresì dai periodici monitoraggi effettuati da Legambiente sulla qualità del mare, dei laghi e delle coste, che hanno confermato il quadro allarmante della situazione che caratterizza la qualità delle acque nei pressi dei siti di depurazione attenzionati.
Il procedimento per l’ipotesi di reato è attualmente nella fase delle indagini preliminari.
È obbligo rilevare che gli odierni indagati e destinatari della misura restrittiva, sono, allo stato, indiziati di delitto, pur gravemente, e che la loro posizione sarà definitivamente vagliata giudizialmente solo dopo la emissione di una sentenza passata in giudicato in ossequio ai principi costituzionali di presunzione di innocenza.